la storia di don Carlo San Martino

Carlo San Martino nasce a Milano il 17 marzo 1844 da Antonio e Teresa Colombo. In famiglia viene educato ai valori cristiani. Con il nonno Giovanni, che accompagna nelle case di malati, poveri e anziani, impara in particolare l’amore per gli altri. Dopo gli studi liceali a Monza, nel collegio dei padri Barnabiti, viene ammesso al Seminario maggiore per gli studi teologici e il 22 maggio 1869, don Carlo viene ordinato sacerdote e celebra la sua prima Messa.

A 26 anni diventa direttore del Riformatorio di Parabiago, in provincia di Milano, dove sono ospitati, come negli altri istituti in Italia, sia i minori soli o abbandonati dalla famiglia, sia quelli ritenuti colpevoli di reati. Don Carlo vuole tenere distinti i ragazzi “innocenti” da quelli “discoli” convinto che prevenire sia più utile che reprimere. Riorganizza quindi il riformatorio garantendo a tutti vitto abbondante, vestiti decorosi, locali puliti e ben illuminati; promuove una scuola di agraria nei terreni di proprietà del Riformatorio riscuotendo ottimi risultati sia pedagogici sia economici. Nell’attuare cambiamenti così profondi si scontra con il Consiglio di amministrazione del Riformatorio che, solo due anni dopo (1872) lo costringe a dimettersi, con grande rammarico dei ragazzi e della popolazione di Parabiago.

Nel febbraio 1873 inizia il suo ministero di coadiutore nella parrocchia dei Santi Apostoli e Nazaro in Milano, dove rimane fino al 1891 impegnandosi a sanare due piaghe del quartiere: i furti e la prostituzione. Sostiene che i giovani non possono crescere umanamente e cristianamente sani se l’ambiente in cui vivono non lo è. Pertanto avvia un doposcuola in canonica per gli studenti delle scuole medie, mentre nel 1882 apre il Circolo Alessandro Manzoni per attrarre i giovani e per favorire la formazione culturale e artistica con corsi di lingue, ginnastica, incontri letterari e scientifici.

Intanto, su incarico del governo italiano, il San Martino gira per l’Italia e visita riformatori e strutture per minori per conoscere come viene gestita la tutela e l’assistenza ai ragazzi. Ripeterà questa esperienza anche all’estero, in particolare a Parigi e a Londra per rendersi conto come in altri paesi viene gestita la tutela e la cura dei bambini.

Il 20 febbraio 1885 segna l’inizio del Pio Istituto pei Figli della Provvidenza: don Carlo inaugura a Milano una casa di piazza Filangieri 3, di fronte al carcere di San Vittore, dove vengono accolti i primi 12 ragazzi. Un anno dopo gli ospiti sono già più di 50.

Scopo dell’Istituto, che accoglie i bambini poveri e in stato di abbandono, è quello di «prevenire il male col prevederlo», attraverso il perfezionamento della vita fisica, intellettuale e morale di ogni minore. Per questo don Carlo crea le scuole professionali di tipografo, ebanista-falegname, sellaio e meccanico (in seguito, quando ospiterà anche le ragazze, avvia anche attività di sartoria, maglieria e biancheria).

Poi per sensibilizzare l’opinione pubblica e diffondere lo spirito e le idee dell’Istituto, nel 1888 stampa “Prevenire”, l’opuscolo in cui sviluppa un principio a lui molto caro: «Prevenire il male è sempre più sapiente, più facile e soprattutto più utile che il curarlo». Nel 1895 invece pubblica il libro “Salviamo il fanciullo” in cui presenta il suo pensiero e descrive l’esperienza, maturata in tanti anni, sulla cura, l’educazione, lo sviluppo e la promozione dei bambini.

Nel maggio 1896 fonda l’“Associazione nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata” e, nell’ottobre dello stesso anno, partecipa al primo Congresso internazionale per l’infanzia abbandonata. In quell’occasione propone di modificare i riformatori, affidare i minori innocenti a istituti adatti a loro e rivedere le leggi sulla patria potestà per tutelare maggiormente i bambini. Nel 1898 istituisce il “Pio Consorzio Salviamo il fanciullo” che ha lo scopo di formare personale idoneo e metterlo a disposizione del Pio Istituto.

I principi educativi di base che ispirano la sua opera richiamano quelli di altri grandi sacerdoti educatori che operarono nell’Ottocento, segno di una grande vitalità della Chiesa dell’epoca. Nelle linee principali possono essere così riassunte:

  •  credere nell’importanza di impegnarsi nella formazione dei giovani e nella loro “educabilità”;
  • riconoscere in ciascuno un’impronta originale e unica (il cuore), sede della coscienza e della libertà, che va rispettata, fatta crescere, educata;
  • far uscire le potenzialità dei ragazzi;
  • aiutare ciascuno a costruire il proprio cammino nella vita, nutrendo una speranza di felicità, in senso cristiano realizzando quel progetto d’amore che Dio ha su ciascuno;
  • credere che la connessione tra bello, bene e vero porta alla pienezza di una crescita armonica, nella consapevolezza che accostarsi al bello di per sé fa maturare;
  • sapere che conoscere e perseguire bene e vero, nella libertà dell’azione indirizzata da una retta coscienza, è obiettivo della vita intera;
  • avere la convinzione che l’istruzione non può essere disgiunta dall’educazione; il rischio è di avere giovani molto istruiti, ma incapaci di orientare correttamente il patrimonio culturale di cui sono in possesso.

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